Ordinanza del Tribunale di Trento sul lavoro a termine nel settore pubblico (03.12.13)

IL TRIBUNALE

      Ha pronunciato in data 3 dicembre 2013 la seguente ordinanza:

Rilevato in fatto

Con ricorsi depositati in data 3 ottobre, 14 ottobre e 18 ottobre 2011  …

– premesso di aver stipulato, o con  il  dirigente del servizio provinciale competente  (in  un  primo  tempo  l’agenzia provinciale per l’istruzione  denominata  «sovrintendenza  scolastica provinciale», successivamente  il  servizio  per  la  gestione  delle risorse umane della scuola e della formazione)  o  con  il  dirigente della singola istituzione scolastica, contratti  di  lavoro  a  tempo determinato ai sensi:
I) in un primo tempo della disciplina statale ex art. 4 legge 3 maggio 1999, n. 124, applicabile nel territorio della provincia  di Trento anche successivamente all’entrata  in  vigore  del  d.P.R.  15 luglio 1988, n. 405 («Norme di attuazione dello statuto speciale  per la regione Trentino-Alto Adige in materia di  ordinamento  scolastico in provincia di Trento») in forza della previsione ex art. 2 comma  7 dello stesso d.P.R. («Fino all’adozione delle  leggi  provinciali  di cui al comma 3 e dei contratti collettivi provinciali di cui al comma 4, ovvero per quanto dagli  stessi  non  disciplinato,  al  personale insegnante appartenente ai ruoli di cui al comma  2  e  al  personale docente  supplente  in  servizio  nelle  scuole  della  provincia  si applicano, per quanto concerne lo stato giuridico  e  il  trattamento economico, le norme vigenti per  il  corrispondente  personale  degli uffici, scuole ed istituti funzionanti nel restante territorio  dello Stato»);
II) successivamente della disciplina provinciale ex  art.  93 comma 1, 2 e 3 l.p. 7 agosto 2006, n. 5  –  hanno  proposto  nei confronti della Provincia  Autonoma  di  Trento,  tra  le  altre,  le seguenti domande:
«1) in via principale: Accertarsi e dichiararsi la nullita’ o illegittimita’ o inefficacia dei termini apposti  ai  contratti  di lavoro a tempo determinato come indicati  in  narrativa  sottoscritti dai ricorrenti con la Provincia Autonoma di Trento  e  per  l’effetto accertare  e  dichiarare   la   conversione   del   primo   contratto sottoscritto da ogni ricorrente ovvero dalla data di  uno  di  quelli successivi sempre sottoscritti da ogni ricorrente, ovvero dalla  data ritenuta di giustizia anche in relazione all’inserimento dei  singoli ricorrenti nelle graduatorie per l’assunzione a tempo  indeterminato, in contratto di lavoro a tempo indeterminato con la resistente;
2) in via subordinata  solo  se  disattesa  la  domanda  di conversione  del  rapporto  a  tempo  indeterminato,  condannarsi  la Provincia Autonoma di Trento, in personale del legale  rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni  in  favore  di  ogni  singolo ricorrente per l’accertata illegittima apposizione del termine, nella misura ritenuta di giustizia  tenendo  conto  dell’art.  36  comma  5 d.lgs. n. 165/2001 come vigente , risarcimento che  vorra’  applicare secondo  i  criteri  emersi  dalla  giurisprudenza  di  merito  e  di legittimita’ citata in narrativa  o  secondo  equita’  ex  art.  1226 c.c.».
La  domanda  di  accertamento  della  nullita’   delle   clausole appositive dei termini finali  contenute  nei  singoli  contratti  di lavoro a tempo determinato viene fondata dai ricorrenti sull’asserita violazione della clausola 5, punto 1 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP  sul  lavoro  a  tempo  determinato,  alla  quale  la   direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 ha dato attuazione.      La domanda (subordinata) di risarcimento del danno viene  fondata dai  ricorrenti  quale  conseguenza  della  nullita’  delle  clausole appositive dei termini finali  contenute  nei  singoli  contratti  di lavoro a tempo determinato, in applicazione del disposto ex  art.  36 comma  5,  secondo  periodo,  d.lgs.  30  marzo  2001,  n.  165  («Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla  prestazione  di   lavoro   in   violazione   di   disposizioni imperative»).

Ritenuto in diritto

Viene  sollevata   d’ufficio   la   questione   di   legittimita’ costituzionale dell’art. 4 comma 1 legge 3  maggio  1999,  n.  124  e dell’art. 93 comma 1 e 2 della legge della Provincia di Trento 7 agosto 2006, n. 5, nella parte in cui – in violazione degli artt.  11 e 117 comma 1 Cost., in riferimento alla clausola 5, punto  1,  lett. a)  dell’accordo  quadro  CES,  UNICE  e  CEEP  sul  lavoro  a  tempo determinato, alla quale la  direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 ha dato attuazione   –  consentono  la  copertura  delle cattedre e dei posti di insegnamento,   che  risultino  effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e  che  rimangano prevedibilmente  tali  per  l’intero  anno  scolastico,  mediante  il conferimento di supplenze – annuali secondo l’art. 4 comma 2 legge n. 124/1999, annuali e rinnovabili per un  massimo  di  due  anni  o  di durata massima triennale secondo l’art. 93 comma 2 l.p. n. 5/2006  – in  attesa  dell’espletamento   delle   procedure   concorsuali   per l’assunzione di personale docente di ruolo, cosi’ da  configurare  la possibilita’ dell’utilizzo di una successione di  contratti  a  tempo determinato  senza  che  a  detta  possibilita’  si   accompagni   la previsione di tempi certi per lo svolgimento dei concorsi.
Sulla rilevanza nel giudizio a quo       Occorre doverosamente premettere che  nel  presente  giudizio  e’ gia’ stata sollevata,  con  ordinanza  del  17  gennaio  2012,  altra questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 4 comma 1 legge n. 124/1999 e dell’art. 93 comma 1  e  2  l.p. n. 5/2006,  di  cui  la Consulta ha dichiarato «la manifesta inammissibilita’» con  ordinanza n.  206  del  3  luglio  2013,  stante  l’inefficacia  dell’ipotetica pronuncia di accoglimento  ai  fini  della  decisione  della  domanda giudiziale  concretamente  posta  al   Tribunale   di   Trento»,   in considerazione della  «generale  preclusione  della  possibilita’  di trasformare i contratti a tempo determinato nel settore  pubblico  in contratti a tempo indeterminato» (art. 36 comma 5 d.lgs. n.  165/2001 e specificamente per il settore scolastico art. 4 comma 14-bis  legge n. 124/1999, inserito dall’art. 1 comma 1 d.l. 25 settembre 2009,  n. 134 convertito dall’art. 1 comma 1 legge 24 novembre  2009,  n.  167, nonche’ art. 10 comma 4-bis d.lgs. n. 368/2001, inserito dall’art.  9 comma 18 d.l. 13 maggio 2011, n. 70 convertito dall’art.  1  comma  1 legge 12 luglio 2011, n. 106).
In effetti nell’ordinanza introduttiva  del  primo  incidente  di costituzionalita’ la rilevanza della  questione  era  stata  motivata esclusivamente con riferimento alla domanda, proposta dai  ricorrenti in via principale, di conversione dei contratti a  tempo  determinato stipulati con la Provincia Autonoma di Trento in  contratti  a  tempo indeterminato.
Tuttavia, in realta’, i  ricorrenti  hanno  proposto,  come  gia’ evidenziato nella parte «in fatto», anche una  domanda  (subordinata) di risarcimento del danno ex art. 36 comma 5, secondo periodo  d.lgs. n.  165/2001  quale  conseguenza  della   nullita’   delle   clausole appositive dei termini finali  contenute  nei  singoli  contratti  di lavoro a tempo determinato.
Quindi   la   rilevanza   della   questione    di    legittimita’ costituzionale dell’art. 4 comma 1 legge n. 124/1999 e  dell’art.  93 comma 1 e 2 l.p. n. 5/2006  viene  qui  motivata  sulla  base  di  un presupposto di fatto diverso  da  quello  posto  a  fondamento  della precedente ordinanza di rimessione del 17 gennaio 2012, il che appare consentito alla luce  del  consolidato  orientamento  della  Consulta (ord. n. 399 del 2002; sent. 189 del 2001; sentenze n. 433 del  1995, n. 451 del 1989 e n. 930 del 1988; ord. n. 164 del 1987), secondo cui l’art.  24  comma  2  legge  11  marzo  1953,  n.  87   preclude   la riproponibilita’   della   medesima   questione    di    legittimita’ costituzionale,  da  parte  dello  stesso  giudice,  soltanto  se  la precedente pronuncia della Corte abbia natura decisoria,  di  talche’ non osta all’esame nel merito  della  questione  la  declaratoria  di manifesta inammissibilita’ per difetto di rilevanza in dipendenza  di una mera lacuna della prima ordinanza di rimessione (atteso che, come precisato da Corte Cost. n. 451/1989 cit., gli elementi richiesti per l’ammissibilita’ della  questione  debbono  risultare  esclusivamente dall’ordinanza di rimessione,  e  non  possono  eventualmente  essere tratti dagli atti del giudizio a quo; infatti  soltanto  l’ordinanza, debitamente pubblicata, rende noto per ogni effetto, alla generalita’ dei cittadini e agli organi  giudiziari,  la  pendenza  del  giudizio costituzionale in tutti i suoi estremi).
Il giudizio in corso non puo’ essere  definito  indipendentemente dalla   soluzione   della   suddetta   questione   di    legittimita’ costituzionale.
Applicando le norme impugnate la domanda  di  accertamento  della nullita’ delle clausole appositive dei termini finali  contenute  nei singoli contratti di lavoro a  tempo  determinato  e  la  domanda  di risarcimento del danno ex art. 36 comma 5, secondo periodo, d.lgs. 30 marzo  2001,  n.  165  («Il  lavoratore  interessato  ha  diritto  al risarcimento del danno  derivante  dalla  prestazione  di  lavoro  in violazione di disposizioni imperative») dovrebbero essere rigettate;
infatti  incontestato  che  i  rapporti  di  lavoro  a  tempo determinato intercorsi tra i ricorrenti e l’Amministrazione convenuta scaturiscono da contratti  stipulati  nella  piena  osservanza  della disciplina interna in tema di reclutamento del  personale  scolastico (in particolare dell’art. 4 comma 1 legge n. 124/1999 e dell’art.  93 comma 1 e 2 l.p. n. 5/2006), che consente la copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento, che risultino effettivamente  vacanti  e disponibili  entro  la  data  del  31  dicembre   e   che   rimangano prevedibilmente  tali  per  l’intero  anno  scolastico,  mediante  il conferimento  di  supplenze,  in   attesa   dell’espletamento   delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo;
quindi, alla luce della vigente disciplina interna in  ordine al reclutamento del personale scolastico  a  tempo  determinato,  non sarebbe configurabile la nullita’ parziale, ipotizzata dai ricorrenti in ordine alle clausole appositive dei termini finali, per violazione di norme imperative, dei contratti di durata  annuale  stipulati  con l’Amministrazione convenuta.
Di recente il legislatore (art. 9 comma 18 d.l. 13  maggio  2011, n. 70 conv, con legge 12 luglio 2011, n. 106) ha  aggiunto  nell’ art. 10 d.lgs. n. 368/2001 il comma 4-bis,  secondo  cui  «stante   quanto stabilito dalle disposizioni di cui all’articolo 40, comma  1,  della legge  27  dicembre  1997,  n.  449,  e   successive   modificazioni, all’articolo 4, comma 14-bis, della legge 3 maggio 1999,  n.  124,  e all’ articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n. 165, sono altresi’ esclusi dall’applicazione del presente  decreto  i contratti a tempo determinato stipulati  per  il  conferimento  delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessita’  di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA  con rapporto di lavoro a tempo indeterminato  ed  anche  determinato.  In ogni caso non si applica l’articolo  5,  comma  4-bis,  del  presente decreto».
Secondo un orientamento di merito tale innovazione presuppone che in precedenza la disciplina ex d.lgs. n. 368/2001 trovasse  integrale applicazione  anche  in  ordine  ai  contratti  a  tempo  determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del  personale  docente ed ATA.
L’assunto non puo’ essere condiviso:
e’  evidente,  attesa  la  contiguita’  cronologica,  che  il legislatore  e’  intervenuto  in  reazione   al   formarsi   di   una giurisprudenza  di  merito  che  ha  statuito  l’illegittimita’   per contrasto con le prescrizioni contenute nel d.lgs. n. 368/2001  –  in tema di sussistenza delle ragioni di carattere  tecnico,  produttivo, organizzativo  o  sostitutivo  (art.  1  comma  1),  dell’indicazione scritta delle stesse (art. 1 comma 2) e soprattutto dei  limiti  alla successione  di  contratti  a  tempo  determinato  (art.  5)  –   con declaratoria, in talune pronunce, di conversione in rapporto a  tempo indeterminato (ed  infatti  la  stessa  ratio  e’  sottesa  ad  altro intervento del legislatore, costituito dall’art. 1 comma  1  d.l.  25 settembre 2009, n. 134, conv. con legge. 24 novembre  2009,  n.  167, che, novellando l’art. 4 legge n. 124/1999, ha  introdotto  il  comma 14-bis, secondo cui «i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3,  in  quanto necessari  per  garantire  la  costante   erogazione   del   servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in  ruolo,  ai  sensi delle disposizioni vigenti e sulla base  delle  graduatorie  previste dalla presente legge e dall’articolo 1, comma 605, lettera c),  della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive  modificazioni»)  o,  in altre pronunce, di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 36 comma 5 d.lgs. n. 165/2011;
invero  l’inapplicabilita’  della  disciplina  ex  d.lgs. n. 368/2001  ai  contratti  a  tempo  determinato   stipulati   per   il conferimento delle supplenze del personale docente  ed  ATA  emergeva gia’ dalle  previsioni  ex  d.lgs.  n.  165/2001,  dove  –  a  fronte dell’art. 36 comma 1 (testo originario), secondo cui:  «Le  pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale di cui  ai  commi  precedenti,  si  avvalgono  delle  forme contrattuali flessibili di assunzione  e  di  impiego  del  personale previste dal codice civile e  dalle  leggi  sui  rapporti  di  lavoro subordinato nell’impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti  a  tempo  determinato…  in applicazione di quanto  previsto  dalla  legge  18  aprile  1962,  n. 230…, nonche’ da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina» – l’art. 70 comma 8, dopo aver stabilito che «le disposizioni del presente decreto si  applicano  al  personale  della scuola»,  ha  precisato  che  «sono  fatte  salve  le  procedure   di reclutamento del personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive  modificazioni  ed  integrazioni» (tale norma e’ rimasta immutata anche dopo la  novella  dell’art.  36 comma 1 d.lgs. n. 165/2001  –  ulteriore  riprova  della  persistente vigenza anche dopo l’emanazione del d.lgs. n. 369/2001  dell’art.  36 d.lgs. n. 165/2001 introdotto in precedenza – ad opera  dell’art.  17 comma 26 d.l. 1° luglio 2009, n. 78 conv. con legge 3 agosto 2009, n. 102,  secondo  cui:  «Per  rispondere  ad  esigenze   temporanee   ed eccezionali le  amministrazioni  pubbliche  possono  avvalersi  delle forme  contrattuali  flessibili  di  assunzione  e  di  impiego   del personale previste dal codice civile e dalle leggi  sui  rapporti  di lavoro subordinato nell’impresa,  nel  rispetto  delle  procedure  di reclutamento   vigenti.   Ferma   restando   la   competenza    delle amministrazioni  in  ordine  alla  individuazione  delle   necessita’ organizzative  in  coerenza  con  quanto  stabilito   dalle   vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono  a disciplinare  la  materia   dei   contratti   di   lavoro   a   tempo determinato…  in  applicazione  di  quanto  previsto  dal    decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368»);          in questo senso sono orientate sia la Consulta (ord. 207 del 2013,  specie settimo considerato, punti 5 e 6) sia la a Suprema Corte (Cass. 20 giugno 2012, n. 10127, specie § 24-34;).      Infine appare opportuno ricordare che l’appena menzionata ord. n. 207 del 2013 ha ritenuto ammissibili due questioni di  illegittimita’ costituzionale sollevate in  giudizi  in  cui  i  ricorrenti,  avendo svolto attivita’ di docenti o di personale amministrativo  scolastico in base a numerosi e ripetuti contratti a termine,  hanno  agito  per sentir dichiarare l’illegittimita’ delle clausole di apposizione  del termine  e  per  la  conseguente  condanna   dell’amministrazione   a convertire  il  loro  contratto  di  lavoro  in  contratto  a   tempo indeterminato, ovvero al risarcimento del danno.   Sulla non manifesta infondatezza le  procedure  di  reclutamento  del                        personale della scuola       In  tema  di  reclutamento  del  personale  scolastico  a   tempo determinato la disciplina statale (art. 4 legge n. 124/1999) dispone:          «1. alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data  del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali  per  l’intero  anno scolastico, qualora non sia possibile  provvedere  con  il  personale docente di ruolo delle dotazioni  organiche  provinciali  o  mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreche’ ai  posti medesimi non sia stato gia’ assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di’ supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo;          2. alla copertura delle cattedre e dei posti di  insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del  31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico si’ provvede mediante il  conferimento  di  supplenze  temporanee  fino  al  termine  delle attivita’  didattiche.  Si  provvede  parimenti  al  conferimento  di supplenze temporanee fino al termine delle attivita’  didattiche  per la  copertura  delle  ore  di  insegnamento  che  non  concorrono   a costituire cattedre o posti orario;
3. nei casi diversi da quelli previsti  ai  commi 1  e  2  si provvede con supplenze temporanee;
4. i posti delle dotazioni organiche provinciali non  possono essere coperti  in  nessun  caso  mediante  assunzione  di  personale docente non di ruolo;
5. con proprio  decreto  da  adottare  secondo  la  procedura prevista dall’articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23  agosto  1988, n. 400, il Ministro della pubblica istruzione  emana  un  regolamento per  la  disciplina  del  conferimento  delle  supplenze  annuali   e temporanee nel rispetto dei criteri di cui ai commi seguenti;
6. per  il  conferimento  delle  supplenze  annuali  e  delle supplenze temporanee sino al termine delle  attivita’  didattiche  si utilizzano le graduatorie permanenti  di  cui  all’articolo  401  del testo unico, come  sostituito  dal  comma  6  dell’articolo  1  della presente legge;
7. per il conferimento delle supplenze temporanee di  cui  al comma 3 si utilizzano le graduatorie di circolo o di istituto…»).      Il regolamento di cui al comma 5 e’ stato  emanato  con  d.m.  25 maggio 2000, n. 201 e successivamente con d.m.  13  giugno  2007,  n. 131.      Quanto alla disciplina provinciale l’art. 93 comma 1, 2 e 3  l.p. n. 5/2006 («Disposizioni in materia di incarichi a tempo  determinato e di supplenze temporanee») prevede:          «1. Per garantire la  continuita’  didattica  e  il  regolare avvio dell’anno scolastico, ferma restando la disciplina  in  materia di assunzioni a tempo indeterminato e nei limiti della spesa  massima prevista dall’articolo 85, la Provincia o le istituzioni  scolastiche possono  stipulare,   mediante   l’utilizzo   rispettivamente   delle graduatorie provinciali per titoli o  delle  graduatorie  d’istituto, contratti di lavoro  a  tempo  determinato  per  la  copertura  delle cattedre  e  dei  posti  d’insegnamento  effettivamente   vacanti   e disponibili o disponibili e non vacanti, secondo quanto previsto  dai commi 2 e 3 e secondo  le  modalita’  definite  con  regolamento.  Le graduatorie  d’istituto  devono  essere  articolate  in   fasce,   in relazione ai titoli e alle abilitazioni, inoltre devono garantire una validita’ temporanea coerente  con  le  graduatorie  provinciali  per titoli;          2. per la copertura delle cattedre e dei posti d’insegnamento il dirigente del servizio provinciale competente stipula contratti di lavoro a tempo determinato di  durata  annuale,  rinnovabili  per  un massimo  di  due  anni  qualora  risultino  disponibili  la  medesima cattedra o posto;  per  la  copertura  delle  cattedre  o  dei  posti d’insegnamento disponibili,  inoltre,  puo’  stipulare  contratti  di lavoro a tempo determinato di durata massima triennale;          3. per la copertura di cattedre e di posti d’insegnamento non coperti ai sensi del comma 2, a decorrere dalla data stabilita  dalla Provincia per l’inizio delle lezioni, il  dirigente  dell’istituzione scolastica stipula contratti di lavoro a tempo determinato di  durata massima annuale. Qualora la mancata copertura delle  cattedre  o  dei posti di insegnamento ai sensi del comma  2  dipenda  dall’assenza  o dall’esaurimento  delle   graduatorie   provinciali,   il   dirigente dell’istituzione scolastica, previo  nulla  osta  del  dirigente  del servizio provinciale competente, puo’ stipulare contratti di lavoro a tempo determinato anche prima dell’inizio delle lezioni».      Il regolamento di cui al comma 1 e’ stato emanato con decreto del presidente  della   provincia   24   giugno   2008,   n.   23-130/Leg («Regolamento concernente incarichi a tempo determinato  e  supplenze temporanee nelle  istituzioni  scolastiche  provinciali  a  carattere statale»), il quale all’art. 2 dispone: «1. I posti di insegnamento e le cattedre, di seguito denominati «Posti», non assegnati a personale assunto a tempo indeterminato, sono coperti con il  conferimento  di: a) incarichi annuali, per i posti vacanti e disponibili entro la data del 31 ottobre e che rimangono tali per l’intero anno scolastico;  b) supplenze temporanee fino al termine delle attivita’ didattiche,  per i posti non vacanti ma disponibili entro la data del 31 ottobre, fino al termine dell’anno scolastico o per le ore di insegnamento che  non concorrono a costituire posti e che si rendono disponibili  entro  la data del 31 ottobre; c) supplenze temporanee  brevi  per  ogni  altra necessita’ di supplenza diversa dai casi previsti dalle lettere a)  e b). 2. Gli incarichi annuali previsti dal comma 1, lettera  a),  sono rinnovati annualmente e comunque per un massimo di due anni se per il medesimo posto  permangano  le  condizioni  richieste  per  il  primo conferimento. A tal fine il contratto individuale di lavoro  contiene la clausola con la  quale  e’  previsto  il  rinnovo  automatico  del contratto medesimo. 3. Il  conferimento  degli  incarichi  annuali  e delle  supplenze  temporanee  fino   al   termine   delle   attivita’ didattiche, previsti dal comma 1, lettere a) e b), e’ effettuato  dal dirigente  della  struttura  provinciale  competente  in  materia  di gestione delle risorse umane della  scuola  e  della  formazione,  di seguito denominata «struttura provinciale  competente»,  prima  della data stabilita dalla Giunta provinciale per  l’inizio  delle  lezioni utilizzando  le  vigenti  graduatorie  provinciali  per  titoli   del personale docente delle scuole provinciali a carattere statale. 4.  A decorrere dalla data di  inizio  delle  lezioni  il  conferimento  e’ effettuato dal dirigente dell’istituzione scolastica, utilizzando  le vigenti graduatorie d’istituto, per la  copertura  di:  a)  incarichi annuali e  supplenze  temporanee  fino  al  termine  delle  attivita’ didattiche, in caso di esaurimento o  di  assenza  delle  graduatorie provinciali per titoli; b) supplenze temporanee fino al termine delle attivita’ didattiche, fino a sei ore settimanali di insegnamento;  c) incarichi annuali previsti dal comma 1, lettera a), non coperti prima della data di inizio delle lezioni; d) supplenze temporanee  fino  al termine delle attivita’ didattiche previste dal comma 1, lettera  b), non coperte prima della data di inizio delle  lezioni;  e)  supplenze temporanee brevi di cui al  comma  1,  lettera  e).  5.  In  caso  di esaurimento o di assenza delle graduatorie provinciali per titoli, il dirigente della struttura provinciale competente puo’  autorizzare  i dirigenti delle istituzioni scolastiche ad effettuare il conferimento degli incarichi annuali e delle supplenze temporanee fino al  termine delle attivita’ didattiche anche prima della  data  di  inizio  delle lezioni».      Di recente Corte Cost. 9 febbraio 2011, n. 41 ha evidenziato  che la scelta  operata  dal  legislatore  con  la  legge  n.  124/1999  – istitutiva delle graduatorie permanenti (le quali vengono  utilizzate dall’amministrazione scolastica in primis per l’attribuzione del  50% dei  posti  di  ruolo  disponibili  determinati   ogni   triennio   e secondariamente per conferire  supplenze  annuali  e  temporanee  per mezzo delle quali i docenti acquisiscono ulteriore professionalita’ – art. 399 comma 1 e 401 comma 1 d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 ) –  «e’ quella di individuare i docenti  cui  attribuire  le  cattedre  e  le supplenze secondo il criterio del merito».      Si tratta di una logica conseguenza del principio ex art. 97 ult. comma Cost. («Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge») che individua nel  concorso,  quale  strumento  di  selezione  del  personale,   lo strumento  piu’  idoneo  a  garantire,   in   linea   di   principio, l’imparzialita’ e l’efficienza  della  pubblica  amministrazione,  di talche’ l’amministrazione sceglie il lavoratore da assumere all’esito di un procedimento  preordinato  a  garantire  l’imparzialita’  e  la trasparenza della selezione, nonche’ l’individuazione degli aspiranti piu’ capaci e quindi piu’ meritevoli (in termini Corte Cost. 27 marzo 2003, n. 89; Cass. 15 giugno 2010, n. 14350; Cass. 7 maggio 2008,  n. 11161;).  L’inapplicabilita’  ai  contratti stipulati dai ricorrenti della disciplina ex d.lgs. n. 368/2001      In proposito appare sufficiente richiamare  quanto  gia’  esposto nella parte della motivazione dedicata alla rilevanza nel giudizio  a quo della questione di legittimita’ costituzionale in esame.  La disciplina del reclutamento  del  personale  a  tempo  determinato della scuola in rapporto al diritto dell’Unione Europea      I ricorrenti eccepiscono la difformita’ della disciplina relativa al reclutamento del personale scolastico  a  tempo  determinato  alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 volta allo scopo di attuare l’accordo quadro sui contratti a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE),  il  cui  obiettivo  e’,  tra l’altro, «creare un quadro normativa per la prevenzione  degli  abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato» (clausola 1), come meglio  specificato nella clausola 5  («Misure  di  prevenzione  degli  abusi  –  1.  Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo  di  una  successione  di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a  norma  delle  leggi,  dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le  parti  sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti  per  la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto  delle  esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o  piu’  misure relative a: a) ragioni obiettive per la giustificazione  del  rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b) la durata  massima  totale  dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c)  il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.  2.  Gli  Stati membri, previa  consultazione  delle  parti  sociali,  e/o  le  parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni  i contratti e i rapporti di  lavoro  a  tempo  determinato:  a)  devono essere considerati «successivi»; b) devono essere ritenuti  contratti o rapporti a tempo indeterminato»).      Secondo un orientamento ormai consolidato (Corte Cost.  170/1984, Corte  Cost.  389/1989;  Corte  Cost,  ord.  168/1991;  Corte   Cost. 482/1995; Corte Cost. 348/2007; Corte  Cost.  349/2007;  Corte  Cost. 28/2010; Corte Cost, 227/2010; Corte Cost. ord. 207/2013; Cass.  S.U. 8 agosto 2011, n. 17074; Cass. pen. 4 marzo 2005, n. 17836;  Cass.  2 marzo 2005, n. 4466; Cass. 26 settembre  2003,  n.  14312;  Cass.  10 dicembre 2002, n. 17564; CdS IV, 18 gennaio 1996,  n.  54;  tutte  in conformita’ alla giurisprudenza della Corte di giustizia di cui  sono espressione, tra le altre, sentenze 4 febbraio 1988, causa  C-157/86, Murphy e a., punto 11; 22  giugno  1989,  causa  C-103/88,  Costanzo, punto 33; 29  aprile  1999,  causa  C-224/97,  Ciola,  punto  26;  26 febbraio 2000, causa C-262/97,  Engelbrecht,  punto  40;  11  gennaio 2007, causa C-208/05, ITC Innovative Technology Center GmbH, punti 68 e 69; 14 ottobre 2010, causa C-243/09, Fuss, punto  63;),  in  virtu’ del  principio  (fondato  sul  precetto  ex  art.  11  Cost.  e  piu’ recentemente sul disposto ex art. 117 comma 1 Cost.) del primato  del diritto dell’Unione Europea sul diritto nazionale:
A) se una fattispecie trova  regolamentazione  sia  in  fonti europee di  diretta  applicazione  (ossia  in  norme  dalle  quali  i soggetti operanti all’interno degli ordinamenti  degli  Stati  membri possono  trarre  situazioni  giuridiche  direttamente  tutelabili  in giudizio) sia in fonti interne, la disciplina deve essere individuata alla luce della fonte europea, di talche’  la  normativa  interna  in contrasto, se e’ anteriore deve ritenersi implicitamente abrogata, se e’ posteriore deve essere disapplicata; in caso di  dubbio  circa  la portata applicativa della fonte  europea  ed  in  particolare  di  un presunto contrasto con la norma interna,  la  questione  deve  essere inviata, ai sensi dell’art. 267 TFUE, alla  Corte  di  giustizia,  la quale, avendo il compito  di  assicurare  «il  rispetto  del  diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati» (art. 19 comma 1  TUE),  precisa  autoritariamente  il   significato   del   diritto dell’Unione, determinandone in definitiva l’ampiezza ed il  contenuto delle possibilita’ applicative, con sentenze dichiarative  che  hanno la stessa efficacia delle disposizioni interpretate;
B)  se  il  contrasto,  non  rimediabile   neppure   in   via interpretativa  (piu’  approfonditamente  infra),  si  pone  tra   la normativa interna e  fonti  europee  prive  di  effetto  diretto,  la disciplina da applicare resta quella interna, salvo  il  rinvio  alla Corte  Costituzionale   per   illegittimita’   costituzionale   della disciplina stessa, dove la norma europea assume il rango di parametro interposto (secondo quanto espressamente sancito dall’art. 117  comma 1 Cost.).
a) La Corte di giustizia e’ ferma nel ritenere (sentenza 4 luglio 2006, causa C-212/04, Adeneler e a., punti 54-57; 7  settembre  2006, causa C-53/04, Marroni e Sardino,  punti  40-43;  7  settembre  2004, causa 180/04, Vassallo, punti 32-35; 13 settembre 2007; 13  settembre 2000, causa C-307/05, Del Cerro Alonso, punto 25; 22  dicembre  2010, cause riunite C-444/09 e C-456/09, Gavieiro Gavieiro, punti 36-45;) – come si evince tanto dalla formulazione  della  direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro, quanto dal loro sistema generale  nonche’  dalla loro finalita’ – che le prescrizioni ivi enunciate  sono  applicabili ai contratti ed ai rapporti di lavoro a  tempo  determinato  conclusi con le amministrazioni e con altri enti del settore pubblico;
b) Sempre la Corte di giustizia ha statuito (sentenze  15  aprile 2008, causa C-268/2006, Impact., punti  69-80;  23  aprile  2009,  in cause riunite C-378/07 e C-380/07, Angelidaki e a., punto 196) che la clausola 5, punto 1 dell’accordo quadro non appare, sotto il  profilo del suo contenuto,  incondizionata  e  sufficientemente  precisa  per poter essere invocata da un singolo dinanzi ad un  giudice  nazionale in  quanto,  ai  sensi  di  tale  disposizione,  rientra  nel  potere discrezionale degli Stati membri  ricorrere,  al  fine  di  prevenire l’utilizzo abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato, ad una o piu’ tra le misure enunciate in tale clausola o,  ancora,  a  norme equivalenti in  vigore,  purche’  tengano  conto  delle  esigenze  di settori e/o di categorie specifici di lavoratori; nel contempo non e’ possibile determinare in maniera sufficiente la protezione minima che dovrebbe comunque essere attuata in virtu’ di suddetta clausola.
c) Secondo l’ormai  consolidata  giurisprudenza  della  Corte  di giustizia (v. sentenze Adeneler e a., cit., punti 65, 80, 92  e  101; Marrosu e Sardino, cit., punto 50; Vassallo, cit., punto 35;  Impact, cit., punti 69 e 70, e Angelidaki e a., cit., punti 74 e 151, nonche’ ordinanza 1° ottobre 2010, causa C-3/10, Affatato, punti 43  e  44;), la clausola 5, punto 1 dell’accordo quadro impone agli Stati membri – onde prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di  contratti  o rapporti di lavoro a tempo determinato e qualora il diritto nazionale non  preveda  gia’  misure  equivalenti  –  l’adozione  effettiva   e vincolante  di  almeno  una  delle  tre  misure  elencate   in   tale disposizione ed attinenti, rispettivamente, a:
a) ragioni obiettive per la giustificazione  del  rinnovo  di tali contratti o rapporti di lavoro;
b) durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi;
c) numero dei rinnovi di questi ultimi.
In ordine alle misure previste sub b)  e  c)  dalla  clausola  5, punto 1) dell’accordo quadro (durata massima totale dei  contratti  o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi,  numero  dei  loro rinnovi)  appare  evidente  l’assenza  della  loro  previsione  nella disciplina statale relativa al reclutamento del personale  scolastico a tempo determinato (art. 4 comma  1  legge  n.  124/1999);  cio’  e’ ancora piu’ vero dopo la novella dell’art. 10 d.lgs. n. 368/2001,  in cui e’ stato inserito il comma 4-bis, il quale ha  precisato  che  ai contratti a tempo determinato stipulati  per  il  conferimento  delle supplenze del personale docente ed ATA «non si applica l’articolo  5, comma 4-bis, del presente decreto», norma questa che, secondo  quanto chiarito dal Governo italiano nella  causa  C-3/10,  Affatato,  cit., punto, 48, e’ stata introdotta proprio «al fine di evitare il ricorso abusivo ai contratti  di  lavoro  a  tempo  determinato  nel  settore pubblico».      Quanto alla disciplina provinciale (art. 93 comma 1 e 2  l.p.  n. 5/2006), le previsioni di un numero  massimo  (due)  di  rinnovi  dei contratti a tempo determinato di  durata  annuale  e  di  una  durata massima  (tre  anni)  dei  contratti  a  tempo  determinato  sembrano riguardare esclusivamente «la medesima cattedra o posto», come emerge dalla lettera dell’alt 93 comma  2  cit.,  consentendo,  cosi’,  alla Provincia Autonoma di Trento la stipulazione di ulteriori contratti a tempo determinato con gli stessi docenti.      In ordine alla misura prevista sub a) dalla clausola 5,  punto  1 dell’accordo   quadro   (esistenza   di   «ragioni   obiettive»   che giustifichino  il  rinnovo   dei   rapporti   a   tempo   determinato successivi), la Corte di giustizia ha precisato (sentenze Adeneler  e a., cit., punti 69, 70, 71 e 74; Angelidaki, cit., punti  88-100;  26 gennaio 2012, in causa C-586/10, Kucuk, punti 30-31):          «La nozione di «ragioni oggettive»  dev  ‘essere  intesa  nel senso che essa si riferisce a  circostanze  precise  e  concrete  che contraddistinguono una determinata attivita’  e,  pertanto,  tali  da giustificare,  in  un  simile  contesto  particolare,  l’utilizzo  di contratti di lavoro a tempo  determinato  stipulati  in  successione. Dette circostanze possono risultare  segnatamente  dalla  particolare natura  delle  funzioni  per  l’espletamento  delle  quali   siffatti contratti sono stati conclusi  e  dalle  caratteristiche  inerenti  a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento  di  una  legittima finalita’ di politica sociale di uno Stato membro… Per contro,  una disposizione nazionale che si limiti ad autorizzare, in modo generale ed astratto attraverso una  norma  legislativa  o  regolamentare,  il ricorso a contratti  di  lavoro  a  tempo  determinato  stipulati  in successione,  non  soddisferebbe  i  criteri   precisati   al   punto precedente…. In particolare, il ricorso a  contratti  di  lavoro  a tempo determinato sulla sola base di una tale disposizione  generale, senza relazione con il contenuto concreto dell’attivita’ considerata, non consente di stabilire criteri oggettivi e trasparenti al fine  di verificare   se   il   rinnovo   di   siffatti   contratti   risponda effettivamente  ad  un’esigenza  reale,  sia  idoneo   a   conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tale effetto».
A) La Suprema Corte nella pronuncia 20 giugno 2012, n.  10127  ed una parte  della  giurisprudenza  di  merito  (Corte  di  Appello  di Perugia, n. 524/2010; n. 341/2011;) non ravvisano alcun contrasto tra la  disciplina  interna  in  ordine  al  reclutamento  del  personale scolastico a tempo determinato e la clausola 5 punto  1  dell’accordo quadro;  in  particolare  Cass.  10127/2012  cit.  ha  statuito:  «Lo speciale “corpus” normativo delle supplenze, integrato nel sistema di accesso ai ruoli ex art. 399 del d.lgs. n. 297 del  1994,  modificato dall’art. 1 della legge n. 124 del 1999, consentendo la  stipula  dei contratti  a  termine  solo  per  esigenze  oggettive  dell’attivita’ scolastica,  cui  non  fa  riscontro   alcun   potere   discrezionale dell’amministrazione, costituisce “norma equivalente” alle misure  di cui alla direttiva 1999/70/CE e, quindi, non si pone in contrasto con la  direttiva  stessa,   come   interpretata   dalla   giurisprudenza comunitaria. Ne consegue che la reiterazione dei contratti a  termine non conferisce al docente il diritto alla conversione in contratto  a tempo indeterminato, ne’ il diritto al risarcimento  del  danno,  ove non risulti perpetrato,  ai  suoi  danni,  uno  specifico  abuso  del diritto nell’assegnazione degli incarichi di supplenza».      B)  Di  contro,  secondo   l’orientamento   maggioritario   della giurisprudenza di merito (ex multis, Trib. Siena, 27 settembre  2010, Fiorilli/Miur; Trib. Livorno, 26 novembre 2010, X/MIUR; Trib. Torino, 11 gennaio 2011, Lo Faro/MIUR; Trib. Genova, 25 marzo 2011 Billeci  e a./MIUR; Trib. Trieste, 29  marzo  2011  Matiassi  e  a./MIUR;  Trib. Napoli, 16 giugno 2011, Serse/MIUR;  Trib.  Trani,  18  giugno  2011, Modugno/MIUR; ), le supplenze  disposte  in  esecuzione  dell’art.  4 comma 1 legge n. 124/1999 (e, per quanto concerne la controversia  in esame, anche dell’art. 93 comma 1, l.p. n. 5/2006 e dell’art. 2 comma 1 lett. a) n. 23-130/Leg  del  2008),  in  relazione  all’ipotesi  di «copertura delle cattedre e dei posti  d’insegnamento  che  risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre  e che rimangano prevedibilmente tali  per  l’intero  anno  scolastico») vengono conferite per far  fronte  a  stabili  vacanze  nell’organico determinate dal fatto che il numero delle  unita’  del  personale  in ruolo e’ inferiore a quello dei posti in organico; di contro, qualora venisse  apprestata  una  dotazione  di  personale  equivalente  alle posizioni prestabilite nell’organico, le variazioni della domanda  di prestazioni sul territorio, che risultassero impreviste  rispetto  ai dati  conosciuti  sulla   popolazione   scolastica,   si   potrebbero fronteggiare in linea di massima con la mobilita’  dei  dipendenti  e solo in via sussidiaria con forane contrattuali flessibili.      Appare evidente che l’esigenza di provvedere alla  copertura  dei posti, per i quali non siano state presentate domande di assegnazione da parte del personale  di  ruolo  –  costituente,  ad  avviso  della giurisprudenza di merito minoritaria, una ragione oggettiva idonea  a giustificare la reiterazione di  contratti  a  tempo  determinato  in funzione delle supplenze annuali ex art. 4 comma 1 legge n.  124/1999 – potrebbe essere soddisfatta apprestando una dotazione di  personale a tempo indeterminato equivalente al numero dei  posti  dell’organico di diritto;
nel contempo e’ innegabile che  cio’  comporterebbe  –  anche considerando i tempi necessari all’espletamento  delle  procedure  di mobilita’  –  un  aggravio  della  spesa  pubblica  quando  il   calo demografico o comunque la diminuzione per qualsiasi altro motivo  del numero delle iscrizioni o, piu’ in generale,  dell’offerta  formativa determinasse un sovradimensionamento dell’organico;          quindi  alla  scelta  del   legislatore   –   di   consentire all’Amministrazione scolastica  di  procedere  alla  copertura  delle cattedre  e  dei  posti  di  insegnamento  effettivamente  vacanti  e disponibili mediante il conferimento di supplenze  annuali,  anziche’ attraverso assunzioni in ruolo a tempo indeterminato – e’ sottesa  la necessita’ di contenimento della  spesa  pubblica,  evitando  che  si verifichi il fenomeno (menzionato dalla Provincia Autonoma di  Trento nella propria memoria di  costituzione)  dei  cd.  docenti  di  ruolo «soprannumerari», ossia in esubero rispetto alle  effettive  esigenze del servizio scolastico.      Alla  luce   dell’orientamento   espresso   dalle   giurisdizioni superiori (per tutte Corte Cost. 289/2010; Corte Cost. 89/2003; Cass. 7 maggio 2008, n. 11161; Cass. 3  giugno  2004,  n.  10605;  Cass.  2 maggio 2003, n. 6699; Cass. 16 settembre 2002, n. 13528; CdS.  V,  1° aprile 2011,  n.  2022;  CdS.  VI,  24  gennaio  2011,  n.  467;)  la razionalizzazione,  il  controllo  ed  il  contenimento  della  spesa pubblica costituiscono  interessi  generali  collegati  al  principio costituzionale  ex   art.   97   del   buon   andamento   dell’azione amministrativa.      Tuttavia nella controversia in esame occorre stabilire, alla luce della gia’ richiamata giurisprudenza della  Corte  di  giustizia,  se tali interessi generali:          (a)  possano  essere   ricondotti   alla   natura   ed   alle caratteristiche  delle  funzioni  del  servizio  scolastico  per   lo svolgimento delle quali  la  pubblica  amministrazione  procede  alla copertura dei posti vacanti e disponibili mediante supplenze annuali, o          (b) attengano al perseguimento di una legittima finalita’  di politica sociale dello Stato membro.      In proposito la Suprema Corte (sent. 10127/2012  cit.)  ha  cosi’ statuito:
«59. Alla luce della  richiamata  giurisprudenza  comunitaria ritiene  questa  Corte  che  il  corpus  normativo  disciplinate   il reclutamento del personale, nel consentire la stipula di contratti  a tempo determinato in  relazione  alla  oggettiva  necessita’  di  far fronte,con riferimento al singolo istituto scolastico – e, quindi, al caso specifico -,  alla  copertura  dei  posti  di  insegnamento  che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data  del  31 dicembre, ovvero alla copertura dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data  del  31  dicembre, ovvero  ancora  ad  altre  necessita’  quale  quella  di   sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, riferendosi a  circostanze  precise  e  concrete  caratterizzanti  la particolare attivita’ scolastica costituisce «norma equivalente» alle misure di cui alla clausola 5 n. 1, lett. da  A)  a  C)  dell’accordo quadro secondo quanto indicato dalla sentenza 28 aprile 2009 C-370/07 Angelidaki cit.;
60.  Rileva,  altresi’,  ai  fini  di  cui  trattasi,  –  e   con riferimento alle fattispecie regolate dal primo e dalla legge n.  124 del 1999, art. 4, comma 2 cit. – quale  fattore  oggettivo,  relativo all’attivita’ scolastica, lo stretto collegamento tra  la  necessita’ di ricorrere alla supplenza e la ciclica variazione in aumento ed  in diminuzione  della  popolazione  scolastica  e  la  sua  collocazione geografica;
61. Ne’ puo’ non considerarsi che, come in precedenza  rimarcato, il sistema  delle  graduatorie  per  garantire  l’oggettivita’  della scelta dell’incaricato,  la  migliore  formazione  scolastica  (Corte cost.  n.  41  del  2011  cit.)  e  la  stessa  immissione  in  ruolo dell’incaricato – la cui posizione  in  graduatoria  progredisce,  in ragione dell’assicurato diritto di precedenza, in funzione del numero delle supplenze –  comporta  necessariamente  la  reiterazione  degli incarichi che, pur tuttavia, come osservato, rimangono  temporanei  e collegati ciascuno alla specifica  e  precisa  esigenza  del  singolo istituto scolastico;      62. Al riguardo va ricordato che la  direttiva n. 70 del 1999 guarda alla successione di piu’ contratti di  rapporti  di  lavoro  a tempo determinato  come  potenziale  fonte  di  abuso  in  danno  dei lavoratori dipendenti si’  da  richiedere  apposite  disposizioni  di tutela  minima  (dirette  ad  evitare  la   «precarizzazione»   della situazione dei lavoratori suddetti), identificabili non di  certo  in norme legali o  regolamentari  limitate  ad  autorizzare  –  in  modo generale ed astratto il ricorso a ripetuti  contratti  di’  lavoro  a tempo determinato (sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kucuk, punto 28, e sentenza 28 aprile 2009 C-370/07, Angelidaki cit.,  punto  97).  Il fatto che i contratti di lavoro a tempo  indeterminato  costituiscano la forma comune dei rapporti di  lavoro,  non  esclude  pero’  che  i contratti di lavoro a tempo  determinato  possano  rappresentare  una caratteristica dell’impiego  in  alcuni  settori  e  per  determinate occupazioni e attivita’, sicche’ viene lasciato agli Stati membri una certa discrezionalita’ nello stabilire  le  condizioni  precise  alle quali si puo’ fare uso di questi contratti (sentenza 26 gennaio  2012 C-586/10 Kucuk, cit. punto  52;  sentenza  4  luglio  2006  C-212/04, Adeneler, cit. punto 91; sentenza 7 settembre 2006, causa C-53/04,  M e S., punto 47; sentenza 28 aprile  2009  C-370/07,  Angelidaki  cit, punti 145 e 183);
63. E’ corollario di quanto  ora  detto  che  spetta  al  giudice nazionale di valutare se in concreto l’impiego di un  dipendente  per un lungo periodo di tempo in forza di ripetuti e  numerosi  contratti sia  rispettosa  della  clausola  5,  punto  1,  dell’accordo  quadro (sentenza 26 gennaio 2012 C-586/10 Kucuk, cit. punto  55),  che  deve ritenersi, nel caso di specie, rispettata perche’ il reiterarsi degli incarichi, come rilevato – ma e’ opportuno ribadirlo  –  risponde  ad oggettive, specifiche esigenze, a fronte delle quali non fa riscontro alcun potere discrezionale della pubblica amministrazione, per essere la stessa tenuta al puntuale rispetto della articolata normativa  che ne regola l’assegnazione;
64. Alla stregua  delle  esposte  considerazioni  ritiene  questa Corte che la specifica  disciplina  del  reclutamento  del  personale scolastico, ed in particolare quella relativa al  conferimento  delle supplenze, e’ conforme alla clausola 5, punto 1, dell’accordo  quadro di cui alla Direttiva del Consiglio Ce 1999/70/CE del 28 giugno 1999 e costituisce, quindi, «norma equivalente».      La Consulta (ord. n. 207 del 2013), da un lato, ha ritenuto:
«che l’attribuzione dei tre tipi  previsti  di  supplenza  e’ resa necessaria, nell’ordinamento nazionale,  dagli  artt.  33  e  34 della  Costituzione,  che  affermano  il  diritto  fondamentale  allo studio, il quale impone allo Stato l’organizzazione del  servizio  in modo da poterlo adattare anche ai costanti cambiamenti numerici della popolazione scolastica, per cui l’art. 4 della legge n. 124 del  1999 – sottoposto all’esame di questa Corte – risponde a tale necessita;          che non si potrebbe stabilire che all’attribuzione  di  tutte le supplenze annuali (su posti vacanti e disponibili) si provveda con i contratti a tempo indeterminato, perche’ in questo modo la Pubblica Amministrazione si esporrebbe alla concreta possibilita’ di avere  un numero di docenti superiori al necessario, ipotesi, quest’ultima,  da evitare in linea generale e, in particolare, nel periodo attuale  nel quale  sussistono  gravi  necessita’  di  contenimento  della   spesa pubblica, anche  in  base  ad  impegni  derivanti  da  vincoli  posti dall’Unione europea;
che,  infatti,  in  caso  di  successiva  diminuzione   della popolazione  scolastica,  la   copertura   di   tutte   le   cattedre effettivamente vacanti potrebbe  determinare  esuberi  del  personale docente;
che si tratta di un servizio attivabile a domanda, in  quanto il  diritto  allo  studio,  previsto  dalla  Costituzione,  crea   la condizione per cui  lo  Stato  non  puo’  rifiutarsi  di  erogare  il servizio stesso, con la conseguenza  che  la  domanda  di  istruzione attiva automaticamente l’erogazione del servizio;
che il  sistema  scolastico  italiano  presenta  esigenze  di flessibilita’ fisiologicamente ineliminabili, riconducibili a diversi fattori, alcuni indipendenti dalle scelte di governo,  tra  i  quali: mutamenti continui della popolazione scolastica;  attribuzione  delle cattedre, in larga percentuale, ad insegnanti  donne,  specie  per  i cicli di formazione primaria, che esigono forme di tutela  quanto  ai congedi di maternita’; fenomeni di immigrazione (allo stato  attuale, circa quattro milioni di immigrati, che vanno  doverosamente  inclusi nel sistema  scolastico);  flussi  migratori  interni  da  regione  a regione; scelta di indirizzi  scolastici  da  parte  delle  famiglie; trasferimenti  di  personale  docente  di  ruolo;  presenza  di  sedi disagiate e assegnazioni provvisorie, soprattutto nelle isole e  zone di  montagna;  a  questi   si   aggiungono   ulteriori   fattori   di flessibilita’  riconducibili  a  scelte  di  governo,  tra  i  quali: frequenti   accampamenti   di   istituti;   diverse   modalita’   di programmazione delle classi; unificazione di indirizzi scolastici;
che,  pertanto,  deve  riconoscersi   come   nell’ordinamento italiano sia indispensabile utilizzare  un  numero  significativo  di docenti  e  di  personale  amministrativo  scolastico   assunti   con contratti a tempo determinato,  proprio  per  garantire  la  costante presenza degli stessi in numero sufficiente a coprire  le  necessita’ di tutte le scuole statali;
che il sistema delle graduatorie permanenti del  personale  a tempo determinato, affiancato a quello del pubblico concorso,  e’  in grado di garantire sia che l’assunzione del  personale  scolastico  a tempo determinato avvenga con criteri oggettivi – cioe’  senza  abusi ne’ disparita’ – sia di consentire a detto  personale  di  avere  una ragionevole probabilita’, nel tempo,  di  diventare  titolare  di  un posto di ruolo, con un contratto a tempo indeterminato;          che, inoltre, la normativa nazionale e’  strutturata,  almeno in linea di principio, in modo tale che  l’assunzione  del  personale scolastico con contratti a tempo determinato pur  non  prevedendo  la durata massima di tali contratti, ne’ il  numero  dei  rinnovi  degli stessi – possa rispondere alle ragioni obiettive di cui alla clausola 5, punto 1, della direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE;»;
dall’altro ha ritenuto:
«che l’art. 4, compia 1,  della  legge  n.  124  del  1999  – oggetto del giudizio  davanti  a  questa  Corte  –  nella  sua  parte principale, non appare censurabile, in quanto regola la tipologia  di supplenze – previsione necessaria per  assicurare  la  copertura  dei posti vacanti di anno in  anno  –  non  disponendo,  di  conseguenza, questa norma  ne’  il  rinnovo  dei  contratti  a  tempo  determinato prolungati nel tempo, ne’ l’esclusione del  diritto  al  risarcimento del danno;          che,   peraltro,   detta   disposizione    contiene,    nella proposizione finale, la previsione  per  cui  il  conferimento  delle supplenze annuali su posti effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre  abbia  luogo  «in  attesa  dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente non di ruolo»;
che la previsione  sopra  richiamata,  contenuta  nell’ultima proposizione del comma 1 dell’art. 4 della legge  n.  124  del  1999, potrebbe configurare la possibilita’ di un rinnovo  dei  contratti  a tempo determinato senza che a detta  possibilita’  si  accompagni  la previsione di tempi certi per lo svolgimento dei concorsi;          che questa condizione – unitamente al fatto che non  vi  sono disposizioni che riconoscano,  per  i  lavoratori  della  scuola,  il diritto  al  risarcimento  del  danno  in  favore  di  chi  e’  stato assoggettato ad un’indebita ripetizione  di  contratti  di  lavoro  a tempo determinato  –  potrebbe  porsi  in  conflitto  con  la  citata clausola 5, punto 1, della direttiva n. 1999/70/CE;».
Appare,   quindi,   non   manifestamente   infondato    affermare l’esistenza  di  un  contrasto  tra   la   disciplina   interna   del reclutamento del personale scolastico a tempo determinato applicabile nel caso in esame (art. 4 comma 1 legge n. 124/1999 ed art. 93  comma 1 e  2  l.p. n. 5/2006)  ed  il  diritto  dell’Unione  Europea,  in particolare in ordine alla clausola 5, punto 1, lett. a) dell’accordo quadro nella parte  in  cui  la  prima  consente  l’utilizzo  di  una successione   di   contratti   a   tempo   determinato   in    attesa dell’espletamento delle procedure  concorsuali  per  l’assunzione  di personale docente  di  ruolo,  senza  che  a  detta  possibilita’  si accompagni la previsione  di  tempi  certi  per  lo  svolgimento  dei concorsi. E’ vero che soltanto la normativa statale (art. 4  comma  1 legge n. 124/1999 prevede espressamente  che  il  conferimento  delle supplenze annuali, ai fini della copertura dei  posti  effettivamente vacanti e disponibili entro la data  del  31  dicembre,  avvenga  «in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo»;
tuttavia il riferimento ai «posti vacanti e disponibili entro la data del 31  ottobre  e  che  rimangono  tali  per  l’intero  anno scolastico», contenuto nel combinato disposto dell’art.  93  comma  2 l.p. n. 5/2006 e dell’art. 2 comma 1 lett. a) d.p.g. p. n. 23/130 del 2008 rende evidente che la loro copertura mediante contratti a  tempo determinato  avviene  in  attesa  dell’espletamento  delle  procedure concorsuali per l’assunzione del personale docente di ruolo, il  solo in grado di occupare  stabilmente  i  posti  vacanti  e  disponibili; inoltre le previsioni, contenute nella sola legislazione provinciale, di  un  numero  massimo  (due)  di  rinnovi  dei  contratti  a  tempo determinato di durata annuale e di una durata massima (tre anni)  dei contratti a tempo determinato, sembrano riguardare esclusivamente «la medesima cattedra o posto», come risulta dalla lettera  dell’art.  93 comma 2 legge n. 5/2006, e non impediscono  la  stipulazione  con  la stessa Provincia Autonoma di Trento di ulteriori  contratti  a  tempo determinato, come si evince dalle carriere lavorative di  alcuni  dei ricorrenti di cui ai doc. 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 8 allegati al ricorso.
Si e’ gia’ ricordato che secondo l’orientamento consolidato della Corte di giustizia la clausola 5, punto  1  dell’accordo  quadro  non appare,  sotto  il  profilo  del  suo  contenuto,  incondizionata   e sufficientemente precisa per poter  essere  invocata  da  un  singolo dinanzi ad un giudice nazionale, di talche’ l’eventuale contrasto con la  normativa  interna  determina  non  gia’  la  disapplicazione  di quest’ultima (come avviene nel  caso  di  fonti  europee  di  diretta applicazione), ma il rinvio alla Corte Costituzionale per  violazione degli artt. 11 e 117 comma 1 Cost.;          in  questo  senso  si   e’   espressa   anche   la   Consulta nell’ordinanza n. 207 del 2013  («come  si   e’   gia’   rilevato nell’ordinanza n. 103 del 2008 – quando davanti a questa Corte  pende un giudizio di legittimita’ costituzionale per  incompatibilita’  con le norme comunitarie, queste ultime, se  prive  di  effetto  diretto, rendono concretamente operativi i parametri di cui agli  artt.  11  e 117, primo cornuta, Cost.»).

                                    P.Q.M.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 4 comma 1 legge 3 maggio  1999, n. 124 e dell’art. 93 comma 1 e 2  della  legge della Provincia di Trento 7 agosto 2006, n. 5, nella parte in cui – in violazione  degli artt. 11 e 117 comma 1 Cost., in riferimento alla clausola  5,  punto 1, lett. a) dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a  tempo determinato, alla quale la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del  28 giugno 1999 ha  dato  attuazione  –  consentono  la  copertura  delle cattedre e dei posti di insegnamento,  che  risultino  effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e  che  rimangano prevedibilmente  tali  per  l’intero  anno  scolastico,  mediante  il conferimento di supplenze – annuali secondo l’art. 4 comma 2 legge n. 124/1999, annuali e rinnovabili per un  massimo  di  due  anni  o  di durata massima triennale secondo l’art. 93 comma 2 l.p. n. 5/2006  – in  attesa  dell’espletamento   delle   procedure   concorsuali   per l’assunzione di personale docente di ruolo, cosi’ da  configurare  la possibilita’ dell’utilizzo di una successione di  contratti  a  tempo determinato  senza  che  a  detta  possibilita’  si   accompagni   la previsione di tempi certi per lo svolgimento dei concorsi;
Dispone  l’immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte Costituzionale;
Sospende in parte qua il giudizio in corso;
Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza  sia notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei ministri ed al presidente della Provincia Autonoma di Trento, nonche’ comunicata ai presidenti  delle  due  Camere  del  Parlamento  ed  al presidente del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento.
Cosi’ deciso in Trento, in data 3 dicembre 2013                             Il giudice: Flaim

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