Ordinanza del Tribunale di Trento alla Corte di Giustizia sul lavoro a tempo parziale (11.04.13)


Ordinanza del Tribunale di Trento alla Corte di Giustizia dell’11 aprile 2013
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Il giudice del lavoro di Trento, con riferimento ad una vicenda processuale di cui il Tribunale ha avuto modo di occuparsi a partire da maggio-giugno 2011, ha sollevato domanda di pronuncia pregiudiziale per interpretazione con riferimento alla legittimità, dal punto di vista del diritto dell’Unione europea, dell’art. 16 legge 183 del 2010 (Collegato Lavoro) rispetto alla direttiva 97/81/CE.

Per il giudice, infatti, “il predetto art. 16 della legge italiana 4.11.2010, n. 183, ammettendo la possibilità del datore di lavoro di trasformare un rapporto di lavoro part time in rapporto di lavoro a tempo pieno, anche contro la volontà del lavoratore, si pone in contrasto con la cit. direttiva 15.12.1997, n. 97/81/CE“.

In particolare, nelle motivazioni dell’ordinanza, sottolineando la portata discriminatoria della norma nazionale nei confronti dei lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno, afferma che “il divieto di licenziamento sancito dalla predetta clausola n. 5, punto n. 2, dell’accordo 6.06.1997 recepito dalla direttiva 15.12.1997, n. 97/81/CE, significa che la trasformazione del rapporto di lavoro da part time a tempo pieno (oppure viceversa), può avvenire solo con il consenso del lavoratore. La trasformazione non può avvenire contro la volontà del lavoratore. La trasformazione può aver luogo solo se sono d’accordo sia il datore di lavoro, che il dipendente. Sancire l’illegittimità del licenziamento, significa sancire la legittimità del rifiuto alla trasformazione opposto dal lavoratore. Sancire la legittimità del rifiuto alla trasformazione opposto dal lavoratore, significa esigere il consenso del lavoratore stesso. La trasformazione del rapporto di lavoro da part time a tempo pieno (o viceversa), pertanto, può avvenire solo con il consenso del lavoratore, mai contro la sua volontà”.

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